I rifiuti pericolosi sono quelli che presentano minacce per l’ambiente e la salute pubblica; il loro stoccaggio e il loro smaltimento sono disciplinati da regole severe
I rifiuti pericolosi si distinguono da quelli non pericolosi in quanto contengono sostanze nocive per l’ecosistema e gli esseri viventi. Per questo motivo la loro gestione, nonché lo smaltimento, sono operazioni fondamentali e da eseguire in modo corretto. Le eventuali violazioni delle procedure previste dalla legge può portare a sanzioni rilevanti, nonché a condanne in sede penale.
Per fare chiarezza si tenga presente che i rifiuti vengono classificati in due macro-categorie:
- Rifiuti urbani, che vengono prodotti a livello civile (art. 184 c. 2, d. lgs. 152/2006);
- Rifiuti speciali, generati da attività industriali, agricole, commerciali, artigianali e di servizi (art. 184 c. 3, d. lgs. 152/2006).
In entrambe le categorie possiamo trovare rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Esempi di rifiuti pericolosi urbani sono le batterie o i medicinali scaduti. Invece, esempi di rifiuti speciali pericolosi, sono gli oli esausti, i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, o ancora i rifiuti generati dalla ricerca medica e veterinaria. In questo articolo ci concentreremo soprattutto sui cosiddetti rifiuti speciali.
Le sostanze che rendono pericoloso un rifiuto sono classificate dal Regolamento Europeo 1357/2014, il quale disciplina anche lo smaltimento dei rifiuti pericolosi.
Vediamo ora nel dettaglio quali sono i rifiuti considerati pericolosi e le modalità per un corretto smaltimento.
Classificazione rifiuti pericolosi
Come già precisato, in questa categoria di rifiuto rientrano sia quelli di origine civile (come le pile esauste e i medicinali scaduti), sia i rifiuti speciali derivanti da attività produttive (si pensi al settore chimico, metallurgico, petrolifero, agricolo, tessile, ecc.).
La normativa nazionale ci viene incontro definendo quali sono i rifiuti speciali, ovvero quelli generati dalle aziende. Questi possono essere sia pericolosi, sia non pericolosi. Nello specifico il d. lgs. 152/2006, parte IV, Allegato D, riporta il seguente elenco:
- 01 – Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali;
- 02 – Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti;
- 03 – Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone;
- 04 – Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell’industria tessile;
- 05 – Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone;
- 06 – Rifiuti dei processi chimici inorganici;
- 07 – Rifiuti dei processi chimici organici;
- 08 – Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa;
- 09 – Rifiuti dell’industria fotografica;
- 10 – Rifiuti provenienti da processi termici;
- 11 – Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa;
- 12 – Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica;
- 13 – Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili, 05 e 12);
- 14 – Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08);
- 15 – Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti);
- 16 – Rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco;
- 17 – Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati);
- 18 – Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione che non derivino direttamente da trattamento terapeutico);
- 19 – Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale;
- 20 – Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata.
All’interno di queste categorie ampie troviamo rifiuti sia pericolosi sia non pericolosi. Per chiarire questa distinzione sono fondamentali i codici CER.
Codici CER
Il codice CER (acronimo che sta ad indicare “Codice Europeo Rifiuti“) è uno strumento utile all’individuazione e alla classificazione dei rifiuti. Il codice CER è una sequenza numerica composta da 6 cifre. La prima coppia di numeri definisce la provenienza del rifiuto, la seconda il processo e l’attività che l’ha generato, la terza stabilisce il tipo di rifiuto generato.
I codici CER possono definire sia rifiuti pericolosi sia rifiuti non pericolosi. Il codice CER che identifica un rifiuto pericoloso è sempre seguito dal simbolo asterisco “*“.
Esempi di codici CER
- 01 04 09 – scarti di sabbia e argilla (l’assenza del simbolo “*” chiarisce che si tratta di un rifiuto non pericoloso);
- 01 04 07* – rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi (il simbolo “*” specifica che si tratta di un rifiuto pericoloso);
- 02 01 08* – rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose;
- 05 06 01* – catrame acidi prodotti dal trattamento pirolitico del carbone.
Tipo di pericolosità
La determinazione della pericolosità di un rifiuto avviene a seconda della presenza al suo interno di sostanze in grado di creare danni alla salute e all’ambiente.
Determinata la loro pericolosità, i rifiuti vengono classificati in base a differenti classi di pericolo. Esistono infatti rifiuti tossici, corrosivi, esplosivi, mutageni, infetti, ecc. Le classi di pericolo sono definite in base al tipo di pericolo rappresentato dal rifiuto.
A tal proposito si individuano le seguenti classi:
- HP 1 – Esplosivo
- HP 2 – Comburente
- HP 3 – Infiammabile
- HP 4 – Irritante
- HP 5 – Nocivo
- HP 6 – Tossico
- HP 7 – Cancerogeno
- HP 8 – Corrosivo
- HP 9 – Infettivo
- HP 10 – Tossico per la riproduzione
- HP 11 – Mutageno
- HP 12 – Liberazione di gas a tossicità acuta
- HP 13 – Sensibilizzante
- HP 14 – Ecotossico
- HP 15 – Rifiuto che non possiede direttamente una di queste caratteristiche di pericolo, ma può manifestarle successivamente
Abbandono di rifiuti pericolosi
Quello dell’abbandono è un problema che riguarda tutte le tipologie di rifiuti, ma è molto rischioso quando riguarda quelli pericolosi. In questo caso infatti si possono avere ripercussioni negative sulla salute pubblica, sull’ambiente e l’ecosistema.
Secondo l’articolo 256, comma 2, d. lgs. 152 del 2006, è prevista una sanzione pecuniaria che va dai 300 e 3.000 euro per coloro che violano il divieto di abbandono. Attenzione però! La sanzione aumenta esponenzialmente in caso di abbandono di rifiuti pericolosi, inoltre si rischia una condanna penale.
Stoccaggio, trasporto e smaltimento rifiuti pericolosi
Innanzitutto va precisato che l’articolo 190 del d. lgs. 152/2006 prevede che chi produce rifiuti pericolosi debba tenerne traccia in appositi registri, e che questi debbano essere consultabili dalle autorità di controllo. È quindi opportuno che le aziende, ma anche i piccoli produttori, prestino attenzione e effettuino un’oculata tenuta dei registri al fine di evitare spiacevoli inconvenienti.
Stoccaggio
Ancor prima del loro smaltimento i rifiuti vanno stoccati in maniera corretta. I rifiuti caratterizzati da sostanze pericolose vanno obbligatoriamente confezionati secondo determinate modalità al fine di agevolarne il futuro smaltimento o recupero.
Proprio in tema di smaltimento e recupero sono state adottate direttive molto rigide per quanto concerne il confezionamento dei rifiuti. Ne consegue che un errato confezionamento è causa di sanzioni a carico dell’azienda produttrice.
Un altro obbligo in capo al produttore è quello di etichettare in maniera corretta il rifiuto. Anche la violazione di questa regola fa incorrere il produttore in sanzioni e pene severe.
Trasporto
Il trasporto di queste tipologie di rifiuti può venire solo con mezzi autorizzati. Per ogni tipo di rifiuto è previsto l’impiego di un mezzo idoneo al fine di compiere il trasporto in totale sicurezza.
Smaltimento o recupero
Per quanto riguarda il recupero e lo smaltimento, l’articolo 184 del d. lgs. 152 del 2006 dispone che:
“(…) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:
- con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
- quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunge complessivamente i 30 metri cubi, di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. (…)
Lo smaltimento (o il recupero) deve avvenire obbligatoriamente tramite operatori autorizzati.
È indubbio che il produttore di rifiuti pericolosi debba scontrarsi con oggettive difficoltà di gestione. Onde evitare di incorrere in sanzioni pecuniarie, o peggio condanne penali, è bene affidarsi a professionisti del settore. Questi potranno guidare l’impresa verso una corretta gestione del rifiuto: dallo stoccaggio, al trasporto, fino allo smaltimento o recupero.
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Articolo redatto da Paolo Alpa